Camorra: si pente Schiavone, il 'boss' dei casalesi - NOC Press

Camorra: si pente Schiavone, il 'boss' dei casalesi





Francesco Schiavone detto "Sandokan" a sorpresa annuncia di voler iniziare una collaborazione con la giustizia.

Francesco Schiavone, capo del clan dei casalesi, è uno degli ultimi irriducibili della camorra casalese, custode di importanti segreti, e dopo 26 anni di prigione, la maggior parte trascorsi in regime del carcere duro, pare che abbia deciso di collaborare con la giustizia.

Lo riporta l'edizione cartacea del quotidiano "Cronache di Caserta".

Tale percorso di collaborazione, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione.

Schiavone, che oggi ha 70 anni, è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, hanno deciso di pentirsi: il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe.

L’arresto avvenne l’11 luglio1998 nel suo bunker a Casal Di Principe e venne condannato all'ergastolo nel maxi processo Spartacus  per diversi omicidi.

LA STORIA

Nato a Casal di Principe il 3 marzo 1954, Schiavone inizia da giovanissimo la sua carriera criminale diventando l’autista di Umberto Ammaturo, uno tra i più potenti boss della camorra negli anni ’70 e ’80 che è stato presente nella lista dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia fino alla sua cattura il 3 maggio 1993. Il suo primo arresto arriva all’età di 18 anni: finisce in carcere per detenzione di armi. Negli anni ’80 arriva il salto di livello entrando a far parte della Nuova Famiglia di Antonio Bardellino e Mario Iovine, in lotta con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.

Il 1988 è l’anno del grande mistero: l’omicidio di Bardellino, ucciso in Brasile in circostanze ancora oggi non chiare. Il suo corpo non è stato mai ritrovato e rimane ancora aperta l’ipotesi che Antonio Bardellino non sia stato ucciso in quell’anno e che sia invece rimasto all’estero. Secondo le ricostruzioni ufficiali del processo Spartacus, però, a ordinare la sua morte è stato proprio Sandokan. Sta di fatto che, dopo la misteriosa scomparsa del rivale, Francesco Schiavone diventa leader incontrastato del clan, avviando l’espansione e l’infiltrazione dei “Casalesi” nel mondo dell’imprenditoria e della politica locale, con forti interessi nel settore del traffico illecito di rifiuti.

Nel 1989 mentre era latitante all’estero venne arrestato a Millery vicino a Lione. Meno di un anno dopo il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dispose la sua scarcerazione per decorrenza termini. A dicembre del 1990 viene nuovamente arrestato in un blitz a casa dell’allora vicesindaco di Casal di Principe. Mentre tra vendette incrociate tra i vari clan viene ucciso Mario Iovine – unico a potere rivendicare come lui la leadership dei Casalesi – la Corte di cassazione annulla il suo provvedimento di custodia cautelare per l’accusa di associazione camorristica per mancanza di prove. Nel 1992 la Corte di Appello di Napoli lo assolse dall’accusa di detenzione di armi. Tornato libero riprende indisturbato il controllo del clan e investe anche all’estero i proventi degli affari illeciti.

L’arresto definitivo arriva l’11 luglio 1998, quel giorno finisce la sua latitanza. Schiavone viene sorpreso all’interno di un rifugio nella sua Casal di Principe, in compagnia delle sue due figlie piccole. È tra gli imputati del maxi processo Spartacus, originato dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli sul clan dei Casalesi e concluso con la condanna all’ergastolo per lui e per altri boss come Francesco Bidognetti e gli allora latitanti Antonio Iovine e Michele Zagaria. Inizialmente detenuto nel carcere milanese di Opera, è stato successivamente trasferito a L’Aquila. Nel 2018 gli è stato diagnosticato un tumore.

Adesso è arrivata la sua decisione di pentirsi e collaborare con la giustizia.  Sandokan è diventato così il secondo capoclan dei Casalesi a pentirsi dopo Antonio Iovine, che ha iniziato a parlare con i giudici nel 2014. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, a partire dall’uccisione del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.


Solo due mesi fa il boss ha richiesto il rito abbreviato nel processo che lo vede imputato per tre omicidi, quello di: Luigi Diana, Nicola Diana e Luigi Cantiello. Si tratta del primo rito abbreviato nella storia giudiziaria di “Sandokan”, con noti lunghissimi trascorsi nelle aule giudiziarie a urlare la sua innocenza. Ed è stato proprio Francesco Schiavone a richiederlo, chiedendo la parola in videocollegamento con l’aula di giustizia di Napoli.

Insieme a Francesco Bidognetti fondò il clan dei Casalesi e fu il leader della Camorra napoletana e casertana. Venne soprannominato Sandokan per una vaga somiglianza con l'attore Kabir Bedi che interpretava tale personaggio.

Numerose le reazioni a questa notizia:

- il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale: "Ne sono contento e spero che possa fare luce su un periodo oscuro della nostra storia, ma anche a farci individuare quegli angoli ancora nascosti che possano rappresentare un pericolo futuro per la nostra gente, per la nostra economia e nostre Istituzioni"

- Marisa Diana, sorella di don Peppe: "Il pentimento di Francesco Schiavone è sicuramente un po' tardivo ma è comunque importante, perché vuol dire che anche queste persone hanno una coscienza". Così Marisa Diana, sorella di don Peppe, il sacerdote ucciso dal clan dei casalesi il 19 marzo del 1994 e di cui quest'anno è ricorso il trentennale con numerosi eventi e manifestazioni organizzate fino alla scorsa settimana. Anche loro, come noi, hanno figli, fratelli e nipoti che vivono nelle nostre terre, e che pagano per i loro errori e per i danni fatti alle persone e al territorio".

- De Raho: "Il pentimento, o meglio la collaborazione, di una personalità camorristica come Francesco Schiavone è un evento storico, forse definitivo, nel contrasto al clan dei Casalesi". Lo afferma, all'Ansa, l'ex procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho. "Ci sono tanti aspetti da approfondire, come la rete di relazioni che garantiva al clan di inserirsi negli appalti, soprattutto quelli che hanno riguardato la ricostruzione - sottolinea -. Si tratta di anni tra il 1980 e fine anni Novanta, quando le mani del clan erano arrivate, per esempio, sulla realizzazione della terza corsia autostradale, sulle reti stradali veloci che collegano i vari comuni del napoletano, del casertano e del beneventano. Ma anche sull'Alta velocità e sulla realizzazione di tanti edifici pubblici". La collaborazione di 'Sandokan', poi - continua de Raho - potrà essere fondamentale anche sul versante dei disastri ambientali, "sullo sversamento dei rifiuti che hanno martoriato il territorio campano". "Ne aveva già parlato Carmine Schiavone, ma solo di alcuni rifiuti, come quelli che sarebbero stati sversati nei vari assi autostradali - evidenzia il parlamentare -. Si potranno così avere indicazioni più precise per effettuare ricognizioni specifiche e non solo a campione come avvenuto in passato. Le dichiarazioni che Schiavone potrà rendere, infine, potranno anche dare indicazioni sulla ricchezza accumulata nel tempo dal clan e sulla la rete societaria all'estero".

La decisione di Sandokan potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l'uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.

"Se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall'identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan". Così, i componenti della commissione Legalità dell'Ordine dei giornalisti della Campania, presidente Marilù Musto e Tina Cioffo vice, dopo aver appreso del percorso verso la collaborazione con la giustizia del capoclan del cartello dei Casalesi Francesco Schiavone. "Schiavone potrebbe, innanzitutto, chiarire se in questi anni il 41 bis ha funzionato, ma soprattutto potrebbe svelare la rete di relazioni della camorra con l'ala imprenditoriale e politica che ha permesso la sopravvivenza del gruppo criminale fra i più pericolosi in Europa. Su molti fatti di sangue la verità giudiziaria ha già ottenuto molti risultati anche senza il suo aiuto". 

La commissione - composta anche da Vincenzo Sbrizzi, Giovanni Taranto, Luisa Del Prete, Anna Liberatore, Nicole Lanzano e Federica Landolfi - si augura "che siano resi noti i patti che hanno "condannato la periferia di Caserta e Napoli all'identificazione con la Terra dei fuochi a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti. Schiavone renda noto i contatti con le mafie nell'area vesuviana".



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