Presentato il trentesimo Rapporto Annuale 2022 da parte dell’ISTAT - NOC Press

Presentato il trentesimo Rapporto Annuale 2022 da parte dell’ISTAT





Presentato il trentesimo Rapporto Annuale 2022 da parte dell’ISTAT, che analizza la situazione economica e sociale del Paese nel 2021 e nei primi mesi del 2022.

Particolare attenzione viene dedicata all’impatto della pandemia sul sistema delle imprese e sulla loro capacità di reazione, sulla vita quotidiana dei cittadini e sui comportamenti adottati per farvi fronte. Inoltre vengono approfonditi temi quali l’andamento delle disuguaglianze pre e post pandemia e le trasformazioni dei comportamenti sociali e demografici della popolazione.

Dopo una crescita record nel 2021 (+6,6%), a inizio anno il Pil dell’Italia è tornato sui livelli di fine 2019, anche se con progressi non uniformi tra i settori. Dalla seconda metà dello scorso anno lo scenario internazionale si è gradualmente deteriorato per effetto di strozzature dal lato dell’offerta e di consistenti spinte inflazionistiche, esacerbate dall’invasione russa dell’Ucraina. 

Quest’ultima ha anche peggiorato le attese, così come il cambio di intonazione della politica monetaria. Coerentemente, le prospettive di crescita mondiali per il 2022 e il 2023 sono peggiorate e quelle per l’Italia, pur restando positive, sono in decelerazione. L’inflazione a giugno ha raggiunto l’8,0% per l’indice NIC, ai massimi da gennaio 1986, sospinta dai rincari delle materie prime, in particolare del gas naturale, il cui prezzo è aumentato di circa sei volte.

Guardando al futuro, la sfida della transizione ecologica – alla quale il PNRR dedica circa 85 miliardi di euro di investimenti – è particolarmente rilevante per il nostro Paese, che dipende dall’estero per oltre tre quarti dell’approvvigionamento energetico, principalmente di petrolio e gas naturale. Nell’ultimo decennio risparmi importanti sono stati conseguiti nei consumi dell’industria, molto minori quelli delle famiglie mentre sono rimasti stabili i consumi del terziario.

Di rilevanza strategica per sostenere lo sviluppo è anche la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche, che dispongono di un organico ridotto e invecchiato: oggi l’età media dei dipendenti è di quasi 50 anni rispetto ai 42 circa nel settore privato. 

Oltre che nella semplificazione delle procedure amministrative, la sfida è rivolta allo sviluppo del capitale umano e al pieno sfruttamento delle tecnologie digitali per l’offerta di servizi. In questa prospettiva sono incoraggianti le esperienze dell’ultimo biennio. Le istituzioni pubbliche hanno rinforzato le assunzioni e la formazione e continuato a erogare servizi nonostante la maggior parte del personale operasse da remoto, ed è cresciuto l’utilizzo delle piattaforme digitali pubbliche da parte di cittadini e imprese.

Rispetto all’analisi demografica, di fatto nel primo trimestre di quest’anno si contano circa diecimila nati in meno rispetto allo stesso periodo del biennio pre-pandemico 2019-2020. Tutto ciò mentre nel panorama europeo vi sono Paesi che hanno registrato incrementi di natalità particolarmente significativi, anche rispetto agli andamenti pre-pandemici. 

L’ampliarsi del deficit tra nascite e decessi – già avviato da quasi un trentennio – associato alla più recente contrazione del saldo migratorio ha innescato, con continuità a partire dal 2014, una fase di calo della popolazione, accentuato dagli effetti della pandemia, che si è accompagnato a profonde trasformazioni nella sua struttura per età. Al 1°gennaio 2022, secondo i primi dati provvisori, siamo scesi a 58 milioni 983 mila residenti: 1 milione 363 mila in meno nell’arco di 8 anni. 

Alla stessa data ci sono 188 persone di almeno 65 anni per ogni 100 giovani con meno di 15 anni e secondo le stime più recenti si raggiungerà il picco del 306 per cento al 1° gennaio 2059. 

L’evoluzione della natalità nel tempo è fortemente condizionata, oltre che dal minor numero delle donne in età fertile e dall’intensità delle loro scelte riproduttive, anche dal “calendario” con cui tali scelte si manifestano. Rispetto al 1995, l’età media al parto è aumentata di oltre due anni, arrivando a 32,2 nel 2020. Nello stesso periodo cresce, di oltre tre anni, l’età media materna alla nascita del primo figlio (che sale a 31,4 anni). 

I nati da coppie straniere, sono aumentati ma solo fino al 2012, allorché è iniziata anche per loro una fase di costante diminuzione, tuttora in corso. Negli anni 2020 e 2021 il numero di nati stranieri è sceso sotto le 60 mila unità, segnando un ritorno ai livelli di quindici anni fa, quando però gli stranieri residenti erano la metà degli attuali. Profondi cambiamenti sono avvenuti anche nelle forme familiari negli ultimi 20 anni. È aumentato il numero di famiglie, stimate a 25,6 milioni nel 2020-2021, ed è diminuito il numero medio di componenti, da 2,6 a 2,3, per la forte crescita delle famiglie costituite da persone che vivono da sole. Sono diminuite le coppie con figli di più di 11 punti percentuali in 20 anni.

Nel biennio 2020-2021 le coppie in Italia ammontavano a 13,9 milioni, quasi mezzo milione in meno rispetto a venti anni fa, con un cambiamento nel peso relativo dei vari tipi di coppia. Sono in diminuzione quelle coniugate in prime nozze, mentre sono in aumento le libere unioni e le coppie ricostituite, in cui almeno uno dei due partner proviene da un precedente matrimonio.

Secondo le più recenti previsioni, all’interno di una popolazione che prosegue la sua tendenza a diminuire e a invecchiare, il numero di famiglie sembra destinato ad aumentare, raggiungendo i 26,2 milioni nel 2040, ma con un numero medio di componenti ancora in calo, da 2,3 a 2,1, e con una progressiva frammentazione. Tra il 2021 e il 2040 le coppie con figli si ridurrebbero di un quinto e parallelamente continuerebbero ad aumentare quelle senza figli.

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