Dopo il Covid allerta rossa per le malattie del cuore: morti per infarto triplicati, serve più telemedicina - NOC Press

Dopo il Covid allerta rossa per le malattie del cuore: morti per infarto triplicati, serve più telemedicina






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Ricoveri crollati del 30-40%, mortalità per infarto triplicata, prime visite giù di oltre il 20% e visite di controllo che segnano un secco -30%. Aderenza alle terapie - che in moltissimi casi segna il discrimine tra salvarsi o no la vita - scesa fin sotto il 50%.

Le malattie cardiovascolari, prima causa di morte nel mondo con 18,5 milioni di vite perse l’anno e prima causa anche in Italia sia per gli uomini (31,7%) sia per le donne (37,7%) con 230mila decessi certificati dall’Istat, dopo 18 mesi di pandemia denunciano un vero e proprio bollettino di guerra. 

Senza un’inversione di rotta su prevenzione e modelli di cura il futuro si preannuncia nero, dopo il dietrofront causato dal Covid rispetto ai progressi degli ultimi decenni: entro il 2030 si stimano 24 milioni di morti nel mondo l’anno per cause cardiovascolari, più di 66.000 in media al giorno e per un costo globale che passerà da circa 863 miliardi di dollari nel 2010 a oltre 1 trilione, più del Pil di Paesi Bassi, Svizzera, Svezia o Turchia.

E allora in occasione della Giornata mondiale che ieri, 29 settembre 2021 festeggia 20 anni con un bilancio da allerta rossa, si moltiplicano gli appelli alla prevenzione, primaria – messa al bando del fumo, sana alimentazione e attività fisica – ma anche secondaria con la gestione regolare delle visite e delle terapie. E serve una revisione dei modelli di cura che guardi a telemedicina e a un nuovo ruolo per il territorio.

Più facile a dirsi che a farsi: la pandemia nei primi tempi del Covid ha letteralmente sbarrato le porte ai malati e ai potenziali pazienti: se non la riconversione dei posti letto, è stata la paura del contagio o la reale impossibilità di accedere agli ospedali a ritardare diagnosi e presa in carico tempestive, che per queste patologie sono salvavita. Ma la pandemia ha significato anche cercare disperatamente nuove strategie di assistenza e anche in questo caso le cure a distanza, su cui tanto punta il Piano nazionale di ripresa e resilienza al capitolo Salute, hanno conosciuto un decisivo cambio di passo Le due priorità

Sperimentazioni, progetti innovativi più vicini al paziente e alle sue esigenze sono cantieri ormai aperti su cui la cardiologia mondiale e italiana sta lavorando. 

Due le priorità per proteggere il cuore: ripartire all’istante con gli screening, le cure e le visite di controllo, e mettere le ali all’innovazione organizzativa. 

Il paziente fa la differenza: “Usa il cuore per restare connesso con il tuo cuore”, è lo slogan della Fondazione italiana per il cuore (Fic), che sollecita i cittadini a seguire un corretto stile di vita, a essere consapevoli dei possibili sintomi di malattia cardiovascolare e a restare sempre in contatto con il medico. «Il 75% degli eventi cardiovascolari ricorrenti potrebbe essere prevenuto», afferma Paolo Magni, coordinatore del Comitato scientifico Fic e professore di Patologia presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari all'Università di Milano. «E lo sviluppo tecnologico può fare tanto - precisa la presidente Fic Emanuela Folco -. I network digitali hanno il potere di mantenere connessi i pazienti con le famiglie, gli amici, gli altri pazienti, i caregiver e i medici. Usiamo la tecnologia per evitare che chi ha malattie cardiovascolari si senta isolato e solo. Al contempo, ognuno di noi è responsabile in prima persona dello stile di vita quotidiano e del riconoscimento di segni e sintomi che richiedono un accertamento medico».

La prevenzione secondaria

Dai cardiologi ospedalieri dell’Anmco arriva poi la prima campagna nazionale di prevenzione secondaria “Non dimenticare il tuo cuore”, rivolta a chi abbia avuto un infarto o una rivascolarizzazione nell'ultimo anno e si avvicini alla scadenza del piano terapeutico: fino al 30 novembre - nel rispetto dei protocolli Covid - sarà possibile prenotare un controllo specialistico gratuito presso la Fondazione per il Tuo cuore con 110 cardiologi di 31 cardiologie impegnati in 27 città di 12 Regioni. E dove il virus ostacola ancora l’accesso si ricorrerà alla telemedicina.

L’allerta negli ospedali è ancora alta ma i numeri della “pandemia del cuore” non consentono certo di abbassare la guardia, come spiega Michele Gulizia, Presidente della Fondazione per il Tuo cuore e Direttore della Cardiologia all’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania: «Il peso epidemiologico del Covid-19 ha portato a ridurre del 30-40% i ricoveri per sindrome coronarica acuta e per scompenso cardiaco, patologie che rappresentano da sole la gran parte dei ricoveri cardiologici, con un aumento di oltre 3 volte della mortalità per infarto miocardico Stemi, passata dal 4,1 al 13,7%. Ma le malattie cardiovascolari restano ancora oggi la prima causa di morte: questa riduzione delle attività di screening avrà ripercussioni importanti nei prossimi mesi e sicuramente anche per i prossimi anni. Da qui la Fondazione per il Tuo cuore di Anmco ha deciso di sostenere il maggior numero possibile di consulti cardiologici».

La chance telemedicina

A fronte della difficoltà dei pazienti di accedere alle visite, durante la pandemia la maggior parte dei medici (90% degli specialisti e 95% dei medici di medicina generale), secondo uno studio IQVIA promosso da Sanofi in collaborazione con la Fondazione italiana per il cuore, ha cercato di mantenere il contatto con i pazienti per telefono, via whatsapp ed email, per condividere esami clinici, monitorare le terapie e le condizioni di salute dei pazienti. Sono state perlopiù iniziative spontanee, messe in atto soprattutto con pazienti più giovani e con patologie croniche, ma - anche se meno di frequente – con pazienti più anziani.

I medici vorrebbero proseguire: il 63% si augura possa definirsi in futuro un contatto da remoto più strutturato, prefigurando un nuovo modello integrato di presa in carico che preveda la possibilità di mantenere il contatto anche a distanza (per visite di controllo, verifica degli esami o rinnovo dei piani terapeutici), favorendo così una maggiore continuità di cura e alleanza terapeutica. Nelle Regioni ci si sta attrezzando con ambulatori digitali e piattaforme di telemedicina per garantire visite e consulti multispecialistici e un’assistenza integrata e personalizzata. Mentre per sostenere il sistema e garantire l’accesso e la continuità di cura, i cardiologi ospedalieri ritengono necessario investire in personale (medici e infermieri), coinvolgere i medici di famiglia e gli specialisti territoriali nella gestione dei pazienti, sviluppare strumenti per seguire i pazienti a distanza.

I nuovi modelli con il paziente al centro

Poi sono da reinventare i modelli di cura nel loro complesso. Un caso per tutti è quello del Gemelli di Roma: «Il nostro - spiega Massimo Massetti, direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico Universitario-Irccs - è un modello multidisciplinare che parte dal dipartimento cardiovascolare per arrivare a essere in completa continuità assistenziale con il territorio. In questo modo, il paziente, anche se non è fisicamente al Gemelli, viene gestito insieme ai nostri specialisti, in collaborazione con i colleghi e le strutture del territorio. Questo migliora la qualità e l'appropriatezza delle cure».

L'idea è di contrastare la frammentazione dei percorsi, che tanto nuoce a malattie tempo-dipendenti come quelle dell’area cardiovascolare. «Il modello che stiamo costruendo - sostiene Massetti - rappresenta invece un’inversione di questo paradigma. Dopo aver analizzato il problema di salute, il paziente entra in un percorso di cura e viene preso in carico da un team di specialisti per tutti gli aspetti riguardanti il suo problema. Ogni mattina, il nostro “Heart Team”, che riunisce una serie di specialisti, discute i diversi casi per definire i percorsi di cura più adatti. Abbiamo anche creato degli ambulatori di percorso, ispirati alla stessa filosofia. Il passo ulteriore sarà la realizzazione di una continuità di cure senza ostacoli tra ospedale e territorio e in questo senso abbiamo stretto i primi accordi con alcuni ospedali, con l’idea di estendere questo modello hub&spoke fino al medico di famiglia»

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