Activision Blizzard: il caso delle molestie e delle discriminazioni - NOC Press

Activision Blizzard: il caso delle molestie e delle discriminazioni

(AP Photo/Jae C. Hong, File)



Activision Blizzard è una delle società di videogiochi più grandi e di maggior successo al mondo, che produce tra gli altri Call of Duty, World of Warcraft e Overwatch.



Dopo un’indagine durata due anni, il 20 luglio, il Department of Fair Employment and Housing della California (DFEH, il dipartimento del governo locale che si occupa di discriminazioni, molestie e diritti sul luogo di lavoro) ha depositato al tribunale di Los Angeles la causa contro l’azienda di videogiochi Activision Blizzard per il trattamento riservato alle dipendenti, sistematicamente molestate, discriminate o sottopagate.

Subito la società ha reagito smentendo e attaccando il dipartimento, ma mercoledì 28 luglio centinaia di lavoratori e lavoratrici hanno protestato fuori dalla sede di Activision a Irvine, in California: hanno scritto una lettera aperta alla dirigenza e hanno presentato quattro richieste specifiche aggiungendo che fino a quando non saranno soddisfatte non smetteranno di lottare.

Il dipartimento (DFEH) parla di un ambiente maschilista e tossico che è stato definito, in modo specifico, come una cultura lavorativa da “frat boy”, simile cioè a quello delle confraternite universitarie.

Nei documenti del DFEH si descrive nel dettaglio l’ambiente di lavoro di Activision Blizzard. Molti casi vengono citati: si parla, ad esempio, di una pratica definita “cube crawl”: i dipendenti si ubriacavano durante l’orario di lavoro e andavano da un cubicolo all’altro dell’ufficio comportandosi in modo inappropriato nei confronti delle colleghe. Si parla inoltre di dipendenti che «orgogliosamente» arrivavano al lavoro con i postumi di una sbornia, che giocavano ai videogiochi per lunghi periodi di tempo durante il lavoro delegando le loro responsabilità alle dipendenti, che facevano commenti espliciti sui corpi femminili o che «scherzavano» sullo stupro.

Nei documenti dell’accusa si parla, ancora, di dipendenti di sesso femminile «soggette a continue molestie sessuali». Molestie che non avevano alcuna conseguenza: benché fossero stati presentati diversi reclami formali, Activision non è riuscita ad adottare misure efficaci per risolvere il problema. Anzi, il dipartimento californiano riferisce che «come risultato di queste denunce, le lavoratrici sono state sottoposte a ritorsioni, tra cui – e non solo – l’essere private dell’incarico di alcuni progetti, l’essere trasferite in unità diverse contro la loro volontà, e l’essere licenziate».

Nei documenti dell’accusa si parla anche di disparità retributiva e nell’avanzamento di carriera. Si dice che la dirigenza è esclusivamente di sesso maschile e bianca, che solo il 20 per cento della forza lavoro è di sesso femminile e che le donne hanno tutte una paga inferiore a quella dei maschi, oltre che scarse opportunità di promozione: «Le dipendenti ricevono una retribuzione iniziale inferiore e guadagnano meno dei dipendenti per lavori sostanzialmente simili», si dice. E ancora: «Promuovono le donne con più lentezza e le licenziano con più più rapidità rispetto ai colleghi».

Si racconta poi di una dipendente a cui era stato affidato un ruolo manageriale con maggiori responsabilità: aveva chiesto un aumento dello stipendio e una promozione, e il suo capo le aveva risposto che non potevano rischiare di promuoverla perché «sarebbe potuta restare incinta». Il DFEH ha anche rilevato che «le donne di colore erano bersagli particolarmente vulnerabili» di questa serie di pratiche discriminatorie.

Activision Blizzard ha risposto alle accuse parlando di fatti distorti, di falsità e attaccando il Dipartimento: ha detto che il modo in cui viene dipinta la loro società non rispecchia la situazione attuale, che invece le procedure interne sono state modificate e sono stati istituiti corsi obbligatori contro le molestie, inoltre ha criticato il dipartimento per essersi rivolto a un tribunale senza aver prima aperto un canale diretto con la società. Ma il DFEH ha a sua volta spiegato di aver tentato di risolvere le cose prima di avviare l’azione legale, ma che non è stato possibile arrivare a una differente risoluzione della controversia.

A causa della posizione ufficiale dell’azienda rispetto alle accuse, più di 2.600 dipendenti ed ex dipendenti hanno sottoscritto il 26 luglio una lettera aperta in cui dicono che i loro valori non si riflettono nelle parole e nelle azioni della dirigenza: «Crediamo che queste dichiarazioni abbiano danneggiato la nostra continua ricerca di parità dentro e fuori la nostra industria. Classificare le affermazioni che sono state fatte come “distorte, e in molti casi false” crea un clima che porta a non credere alle vittime. Mette anche in dubbio la capacità delle nostre istituzioni di ritenere gli autori di abusi responsabili delle loro azioni e di promuovere un ambiente sicuro per le vittime che si faranno avanti in futuro».

Nella lettera definiscono come «inaccettabile» il fatto che la dirigenza ritenga che la causa sia senza fondamento proprio mentre ci sono così tante dipendenti ed ex dipendenti che «parlano delle loro esperienze di molestie e abusi»: «Chiediamo alla dirigenza una dichiarazione ufficiale, in cui venga riconosciuta la gravità di queste accuse, e che mostri compassione per le vittime di molestie e aggressioni». E infine: «Non verremo messi a tacere, non ci faremo da parte e non ci arrenderemo finché l’azienda che amiamo non diventerà un luogo di lavoro di cui possiamo sentirci orgogliosi di far parte. Noi saremo il cambiamento».

Dopodiché, i dipendenti e le dipendenti hanno indetto uno sciopero e mercoledì 28 luglio si sono radunate fuori da una delle sedi principali dell’azienda a Irvine, in California, ricevendo anche molto sostegno esterno, La causa dei dipendenti di Activision Blizzard è stata ampiamente sostenuta dall'industria videoludica in tutto il mondo.

"È stato incredibile vedere come la gente si sia unita in un momento del genere", ha dichiarato un dipendente di Blizzard che ha chiesto di rimanere anonimo.

Eppure, la sensazione collettiva tra gli organizzatori della protesta è che si tratti solo dell'inizio, non della fine. L'ultima settimana ha messo a nudo i profondi problemi sistemici insiti nella cultura di Activision Blizzard - una cultura che ha a lungo incoraggiato l'adorazione degli sviluppatori di videogiochi quasi fossero rockstar intoccabili, e che ha consentito la creazione di un sistema malato caratterizzato da abusi di potere.

Una fonte di Blizzard indica il team di World of Warcraft come esempio lampante di questa dinamica di lavoro. "World of Warcraft fa un sacco di soldi, quindi le persone al vertice di WoW sono intoccabili, il che significa che la fanno franca nonostante facciano un sacco di stronzate. Inoltre, tutti coloro che sono stati nell'azienda per molto tempo, come la maggior parte della leadership del team di World of Warcraft, erano considerati 'parte della famiglia' e come tali praticamente intoccabili, che è il terreno fertile per comportamenti come questi".

Tante storie testimoniano comportamenti non accettabili, alcuni modificati come quello che avveniva nel quartier generale di Blizzard a Irvine, intorno al 2015, quando tutto fosse "molto più sessuale", con le donne che venivano sottoposte a contatti inappropriati al seno o in altre zone intime, "a volte alla festa di fine anno, a volte no". Un portavoce di Activision Blizzard ha dichiarato che la cattiva condotta sessuale alle feste di fine anno "è ripugnante e non sarà tollerata. Apprezziamo il coraggio di ogni attuale o ex dipendente nel farsi avanti e indagheremo attivamente su qualsiasi reclamo portato alla nostra attenzione".

Una fonte che da allora ha lasciato Blizzard ha parlato di come la stanza designata per l'allattamento al seno non fosse munita di serrature. "Gli uomini entravano nella stanza per l'allattamento. Non c'era modo di chiudere la porta. Si limitavano a fissarmi e io dovevo urlare loro di andarsene" e anche in questo caso sembra che le stanze per l'allattamento siano state successivamente riviste da Blizzard con l'aggiunta di serrature alle porte.

Sebbene Activision Blizzard abbia riferito di aver effettuato alcuni cambiamenti da allora, una fonte ha descritto tale processo come un mero "cambiamento di facciata". Forse il più grande cambiamento in casa Activision Blizzard ha riguardato la cultura del bere dell'azienda, che includeva i cosiddetti "cube crawl" descritti nel report proposto dall'ente DFEH e in merito a questo una fonte ha riferito che è stato introdotto un massimo di due drink agli eventi aziendali - una politica azienda che un portavoce di Activision Blizzard ha confermato essere entrata in atto nel 2018.

Solo il tempo ci dirà quanto seriamente Activision Blizzard si sia impegnata con i suoi dipendenti per dar vita a un cambiamento significativo.

I lavoratori e le lavoratrici in sciopero hanno anche avanzato quattro richieste specifiche per l’azienda: 

l’eliminazione da tutti i contratti delle clausole forzate di risoluzione delle controversie con la società tramite arbitrati privati (come ha fatto Google nel 2019) perché tali clausole proteggono chi abusa e limitano la possibilità di risposta delle vittime;
in secondo luogo hanno chiesto nuove pratiche di assunzione e promozione perché quelle «attuali hanno portato le donne, in particolare le donne di colore e le donne transgender, le persone non binarie e di altri gruppi emarginati che sono vulnerabili alla discriminazione di genere, a non essere assunte in modo equo per nuovi ruoli rispetto agli uomini»;
hanno poi chiesto la pubblicazione dei dati sugli stipendi e sulle promozioni di tutti i dipendenti 
e infine il coinvolgimento di una società esterna per promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione e per controllare il comportamento della dirigenza.

Nel frattempo alcuni prendono posizione in merito a tutto quello che sta emergendo in questi giorni: così Microsoft ha voluto prendere una posizione molto chiara. Per bocca del capo della divisione Xbox Phil Spencer, il colosso americano si è schierato a favore delle vittime di molestie e discriminazione.

Decisamente più "dirette" sono invece le frasi condivise dal papà di God of War Cory Barlog per manifestare tutta la sua indignazione per i casi di molestie, discriminazione e sessismo emersi in questi giorni e sfociati nello sciopero dei dipendenti Activision. Il Game Director di SIE Santa Monica, infatti, non usa mezzi termini nello spiegare come "supporto pienamente tutti i miei amici sviluppatori di Activision Blizzard mentre si oppongono a questo trattamento di me**a. Il nostro settore deve essere migliore". Sempre dalle colonne del suo profilo Twitter personale, Barlog ha ribadito la sua posizione condividendo con i suoi follower i numerosi messaggi pubblicati dalla stampa di settore sull'argomento e, soprattutto, i post di sviluppatori e sviluppatrici con le testimonianze delle molestie e delle discriminazioni subite.

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