Adi Design Museum Compasso d’Oro: apre a Milano l’hub del design più grande d’Europa - NOC Press

Adi Design Museum Compasso d’Oro: apre a Milano l’hub del design più grande d’Europa

© Martina Bonetti




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La lampada Arco di Achille Castiglioni, il telefono Grillo di Marco Zanuso, la Fiat 500 del 1957, la poltrona Sacco di Zanotta, la caffettiera 9090 di Richard Sapper per Alessi… Tutti insieme, finalmente, in unico spazio che li riunisce e li racconta. 

Bastano pochi passi dentro il nuovo Adi Design Museum Compasso d’Oro - oggi il più grande in Europa dedicato al progetto e inaugurato a Milano il 25 maggio 2021 - per sorprenderci davvero di fronte alla capacità del design thinking di regalarci oggetti bellissimi ma soprattutto capaci di cambiare il nostro modo di vivere.

Il nuovo museo - che aprendo in questo momento offre anche un po' di speranza per il Made in Italy post pandemia - riunisce la Collezione Storica del Premio Compasso d'Oro ADI che - con i suoi 350 prodotti e progetti premiati, più le numerose Menzioni d’Onore - è il più antico riconoscimento del design a livello mondiale, nato nel 1954 da un'idea di Gio Ponti.

Il Compasso d'oro dal 1954 seleziona e premia in definitiva il meglio del Made in Italy.

La collezione - che sarà esposta a rotazione nelle teche e verrà arricchita ogni due anni dai nuovi oggetti premiati alle prossime edizioni del compasso - sarà solo l’asse portante di una narrazione in continuo dialogo con la contemporaneità attraverso mostre temporanee che sono degli spin off di approfondimento della collezione con intento divulgativo", ha detto Luciano Galimberti, presidente Adi - Associazione Design Industriale. “Volevamo un museo dinamico dove gli addetti ai lavori trovassero spazi di studio e ricerca ma dove il design potesse essere davvero raccontato anche al grande pubblico”. E a raccontarlo, infatti, oltre a un percorso guidato da un'app dedicata, ci sono anche i mediatori culturali, che con una formazione specifica accompagnano i visitatori negli spazi espositivi spiegando loro la storia dei prodotti e la razio dei premi.

Una visita guidata nel museo

Alle porte del museo, prima dell'ingresso troviamo l'allestimento Compasso d’Oro. Misurare il mondo, progettata dallo Studio Origoni Steiner. Vedrete una serie di immagini su quattro pareti metalliche, un occhio, il Colosseo, un girino, un violino Stradivari, un cavolo, un fusto di quercia, un'anfora, una stella marina, la Venere di Botticelli, le piramidi Maya, un ciclone… Tra loro esiste un solo elemento comune, che è il numero irrazionale 1,618..., ossia la proporzione aurea (e lo troverete solo immergendovi nella struttura).

Appena entrati nel museo, ci sono invece due videoinstallazioni, curati dagli studenti di due scuole milanesi. A sinistra "Il design entra nella storia", realizzata da OffiCine (IED-Anteo) e firmata dall'Istituto Europeo di Design, è un cortometraggio di animazione che riflette sull'atto creativo del design prima che nascesse il Compasso d'Oro, cioè dalla fine degli anni '20 ai primi anni '50, quando, pur tra due guerre mondiali, sono successe tante cose: è nata Cinecittà, ha inaugurato l'Esposizione della Triennale, gli elettrodomestici sono arrivati nelle case degli italiani, la moda ha mosso i primi passi e c'è stato il boom dei trasporti.

Al primo giro del museo - che ha come main sponsor Repower - tra le teche dedicate cronologicamente al premio Compasso d'Oro, mi incuriosisce subito quella dedicata a un abito. Si tratta de Il Manto e la Pelle di Nanni Strada, Compasso d'Oro 1979. “La designer - che disegnava allora per Max Mara - venne in contatto con tre aziende interessant: la Bloc che produceva calze, la Rimoldi che faceva i macchinari per le grandi cuciture e l’azienda di tessuti Bossi”, mi racconta Matteo Pirola, docente di Storia del Design al Politecnico di Milano. "Unendo le loro expertise, realizzò un sistema di indumenti "a pelle" - raccontato per la prima volta in un video per la Triennale del 1972 - realizzati con macchine circolari per calzetteria. L'abito La Pelle era il primo al mondo completamente tessuto senza cuciture con la stessa tecnologia di produzione delle calze, mentre il manto era tagliato - in perfetta geometria - da un unico pezzo di tessuto, senza scarti (sostenibilità ante litteram, potremmo dire), assemblati con le cuciture avveniristiche a più aghi della Rimoldi.

Tra le lampade di design più contemporanee mi colpisce la Lola di Alberto Meda e Paolo Rizzato per Luceplan, Compasso d'Oro 1989. “Una forma semplice all'apparenza che subito richiama la natura - sembra il semplice ramo di un albero - ma piuttosto complessa nell'idea di progetto che integra materiali e tecnologie lontane tra loro”, ci spiega Beppe Finessi, curatore dell'allestimento e delle mostre, “Il corpo centrale è in carbonio e resina, leggerissimo, il paralume è in metallo forato con fotoincisione chimica e il sostegno è a tre piedi con un ginocchio articolato per chiudersi in caso di trasporto e per ridurne l’ingombro”.

Interessante è la ricostruzione della Metropolitana Milanese, fermata Duomo. Il Compasso d'Oro - siamo nel 1964 - esce per la prima volta dagli spazi privati per premiare il progetto immagine coordinata a tre dimensioni di un servizio pubblico. Il premio andò a Franco Albini. Franca Elg e Bob Norda e tra le ragioni dell'assegnazione la riconoscibilità immediata delle fermate in città, l'uso di materiali innovativi come il fulget alle pareti e la gomma a bolli del pavimento. Ma soprattutto il concept: da Duomo a Sesto San Giovanni, tutte le fermate sono uguali con l'obiettivo di accorciare le distanze sociali tra periferie e centro.

Il cucchiaio e la città: le prime mostre che inaugurano lo spazio.

I primi approfondimenti del Museo sono raggruppati sotto il titolo Il cucchiaio e la città, a ricordarci come il design può progettare tutte le sfere della nostra esistenza e, dopo il primo allestimento che accoglie i visitatori prima dell'ingresso, si declinano in diverse mostre che vi raccontiamo una per una.

Gli accoppiamenti giudiziosi

La prima mostra che accoglie il visitatore è Uno a uno La specie degli oggetti, una riflessione storica impostata su una sequenza di “accoppiamenti giudiziosi” tra i progetti che hanno vinto il Premio, scelti, abbinati ed esposti affiancati tra loro, in una sequenza di coppie di oggetti che sono uguali tipologicamente ma differenti formalmente, perché elaborati da autori diversi e in anni molto distanti.


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Il primo caso di Textile Design

La mostra Renata Bonfanti. Tessere la gioia a cura di Marco Romanelli è dedicata al textile design. Renata Bonfanti, che è stata la prima donna a ricevere il Compasso d'Oro (nel 1962), è stata la prima anche ad affiancare la lavorazione dei tappeti annodati a mano a quella più “industriale” a telaio meccanico. “Ho sempre cercato di organizzare il mio lavoro in modo che le due tecniche fossero intercambiabili. Credo che un interesse eccessivo per la produzione manuale, di natura emotiva, e il rifiuto a priori delle nuove tecnologie possano ostacolare la ricerca, come d’altronde mi sembra assurdo pretendere che la produzione industriale ricopra tutti i ruoli” (R.B., 1975).

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I maestri del Design

Manifesto alla Carriera. Omaggio della grafica italiana ai Maestri del Compasso d’Oro, a cura di Luca Molinari è un progetto ancor prima che una mostra. Ogni due anni, oltre ai prodotti, il Compasso d’Oro ha sempre premiato le carriere dei designer. “Per rendere omaggio in modo dinamico ai protagonisti del progetto”, ci ha raccontato Andrea Cancellato, direttore del museo, “abbiamo chiesto ad altrettanti grafici italiani di regalarci un manifesto che interpreti e traduca il lavoro dei maestri. E le loro opere - esposte in un allestimento straordinario dell’architetto Massimo Curzi che si rifa alla tradizione delle biblioteche rinascimentali - saranno a disposizione gratuitamente per i visitatori”.


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La Kartell e il suo fondatore

A pochi passi dai Compassi alla carriera, c'è la mostra Giulio Castelli. La cultura imprenditoriale del sistema design, a cura di Federica Sala: un omaggio all’imprenditore Giulio Castelli - fondatore di Kartell, tra i padri fondatori dell’Adi e suo primo presidente - certamente una figura di spicco che contribuì a fondare il sistema del design italiano e a dare riconoscibilità alla professione del designer.

Il Museo e la città

“Il nostro Museo, il cui allestimento è stato curato dallo Studio Migliore e Servetto e Italo Lupi, si trova in un’area di archeologia industriale completamente rinnovata, a metà strada tra il quartiere Paolo Sarpi - la “Chinatown milanese” - e la Fondazione Feltrinelli, centro di documentazione e ricerca disegnata da Herzog & De Meuron”. A spiegarcelo è Umberto Cabini, presidente di Fondazione Adi. "Cittadini e turisti sono invitati anche solo ad attraversare il museo passeggiando nella galleria aperta che lo divide in due e unisce via Bramante con la piazza giardino appena titolata Compasso d’Oro e via Ceresio, magari sostando all’Officina Design Cafè o al bookshop Officina Design Shop. L’edificio, su una superficie di 5mila metri quadri, è stato negli anni 30 un deposito di tram a cavallo, poi una centrale di energia elettrica di cui ancora si vedono le turbine, mantenute intatte da un’attenta ristrutturazione conservativa ad alto impatto”.

Oltre al main sponsor del museo - che è Repower - Adi ha siglato una partnership con l'Istituto Europeo di Design (IED) che da più di cinquant’anni trasmette la cultura del design italiano nel mondo a generazioni di progettisti. Ad essere coinvolta in prima linea è in particolare l'Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como, che dal 2010 fa parte del Gruppo IED e che con gli studenti della Scuola in Restauro, riconosciuta dal MIUR, si occuperà della curatela e del mantenimento dei prodotti di design che hanno vinto il premio.

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